Nonostante le (numerose e varie) evidenze e il fatto che molte persone sarebbero d’accordo alla sua legalizzazione, la battaglia pro Cannabis stenta a fare breccia nel cuore degli italiani.
Perché? Lasciamo da parte i contrari alla legalizzazione e concentriamoci esclusivamente sui favorevoli. Secondo un sondaggio Eurispes (link in basso), c’è un crescente consenso sulla legalizzazione della Cannabis, ma non tale da cambiare la percezione del fenomeno nella cultura di massa.
Allora perché?
Credo che questo dipenda da tre sentimenti, solitamente presenti nelle persone che sarebbero favorevoli in linea di principio (siano essi fumatori o no), ma non abbastanza da farne una battaglia civile: indifferenza, timore, vergogna.
Indifferenza. Anche chi è favorevole alla Cannabis ma non la consuma, non crede che la sua legalizzazione sia davvero importante. Diciamo pure che la cosa lo/la riguarda superficialmente, perché crede che non abbia ricadute concrete nella sua vita. Per cui anche se incline a votare “si” a un sondaggio, molto difficilmente si spinge oltre o esercita pressione sull’opinione pubblica.
Timore. Molte persone temono di esporsi, perché l’uso della Cannabis si configura come un reato con conseguenze potenzialmente penali. Tali conseguenze, oltre a macchiare la fedina, possono minacciare la propria attività lavorativa o essere di impedimento per un’assunzione.
Vergogna. Forse il problema più grosso: vergognarsi del proprio stato di consumatori. Lo stigma di sostanza tremenda che la Cannabis (aka Marijuana) si porta dietro, che ha prodotto la classica concezione del fumatore come criminale perdigiorno buono a nulla, costringe molti consumatori ad autocensurarsi. Per cui se ti fai un cicchetto, l’ape, un buon bicchiere di bianco ghiacciato, allora sei figo e hai un sacco di occasioni per far vedere quanto lo sei; se invece ti fai le canne, sei un tossico che sta buttando la sua vita e faresti meglio a nasconderti come un ladro.
Che si può fare?
Se stai leggendo questo post e sei arrivato fin qui, domandati se lo condividi oppure no. Ma soprattutto, domandati il perché. Ormai da qualche tempo, il movimento #MeglioLegale sta promuovendo una campagna di disobbedienza civile per provare cambiare le cose. Tra le tantissime inziative, una in particolare mi sembra che vada nella direzione di abbattere il muro di autocensura dentro cui spesso il fumatore o la fumatrice si chiude. Mi sembra un’ottima idea, per cui ecco la mia storia: mi chiamo Francesco, insegno, smanetto al computer, sono un papà, faccio attività fisica e fumo la Cannabis.
Non ne sono indifferente perché è una pianta straordinaria che: non ha mai ucciso nessuno in migliaia di anni di utilizzo, cura le persone, pulisce l’ambiente, potrebbe far arricchire lo Stato sottraendo soldi al narcotraffico. Non temo ritorsioni legali, soprattutto da quando la Corte di cassazione, a sezioni unite, ha sdoganato la coltivazione domestica. Ma soprattutto non mi vergogno e cerco il confronto, perché mi pare il primo, fondamentale passo per l’esercizio del diritto civile.
Legalizzare non vuol dire incitare le persone a fumare; anzi in un certo senso vuol dire il contrario: vuol dire “fare cultura” della Cannabis, rendendola disponibile a chi lo desidera ma sottraendola tassativamente ai minorenni, per esempio. Vuol dire controllarne la qualità e accaparrarsi i profitti. Chi vuole la Cannabis legale non vuole un paradiso hippie nel quale oziare senza tempo, ma un mondo più ricco, equo e, perché no, rilassato e divertito.
Links utili per farsi un’idea, approfondire e valutare da sé:
[Il sondaggio Eurispes]
[Un articolo sulla sentenza della Corte di Cassazione]
[La pagina FB di Meglio Legale]
[Il sito Cannabis for Future]
[Il magazine DolceVita]