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Recensione (volante) di “Documanità. Filosofia del mondo nuovo”

Che i libri di Maurizio Ferraris siano spassosi e originali, è cosa nota. Anche il suo recente “Documanità. Filosofia del mondo nuovo” rispetta la tradizione autoriale, presentandosi come un libro serissimo che però non si prende troppo sul serio e che ci racconta come affrontare le sfide dell’automazione, della documentalità, delle connessioni continue: insomma, del Web.

Siamo in preda a un “attacco isteretico”, per riciclare una battuta di Ferraris. L’isteresi (dal greco hysteron, dopo) è la caratteristica essenziale della documentalità e descrive il processo di sedimentazione materiale prodotta dalle registrazioni. L’attacco isteretico è dovuto alla più performante macchina di registrazione che Homo sapiens abbia mai prodotto: il Web. Che, nella prospettiva documana delineata da Ferraris, non è una (mera) Infosfera (l’insieme delle informazioni), ma una Docusfera (l’insieme delle tracce registrate) che archivia senza sosta ciò che fa la Biosfera (l’insieme degli umani).

isteresi

L’aspetto decisivo della docusfera rispetto all’infosfera è che la stragrande maggioranza delle tracce conservate non è informazione. O perlomeno non è informazione per noi che la produciamo, ma solo per le compagnie informatiche che, raccogliendola e organizzandola, la usano per profilarci. Questa distinzione, che apparirà forse triviale, ci fa capire che a pigiare tasti forsennatamente, a cliccare e a tappare, non ci sono i discepoli di Prometeo, ma gli epigoni di Epimeteo, che, come è noto, non sapeva tenere le mani a posto (e quando le muoveva lo faceva senza pensarci troppo).

Il libro presenta sostanzialmente due tesi, la prima a supporto della seconda.

Tesi 1: ciò che caratterizza Homo sapiens è l’accumulo di cultura materiale basato, appunto, sull’isteresi. (NB: Se questa tesi sembra banale è perché non sto specificando cosa si sacrifica sul suo altare: la centralità del linguaggio per il destino cognitivo del Sapiens). Dall’alba dei tempi noi registriamo frammenti di conoscenza sui materiali più diversi. La conoscenza così iscritta si presenta come memoria depositata sulla materia, che possiamo iterare tutte le volte che vogliamo e che possiamo, soprattutto, alterare, innescando processi di trasformazione simbolica che produrranno nuove registrazioni, in un circolo continuo.

L’aspetto epimeteico di tutta questa faccenda è che spesso le registrazioni del Sapiens vengono prodotte con un fine preciso, ma sortiscono effetti che sono completamente impredicibili, persino (o forse specialmente) da chi le attua. Questo perché, quando usiamo le cose, di solito non obbediamo a nobili intenzioni, ma cerchiamo di soddisfare semplici bisogni. L’essere umano è costitutivamente un imbecille, nel senso che è in-baculum, senza bastone, pertanto si deve munire di protesi e supporti che lo aiutino nel mondo. Che poi il bastone si riveli tossico, distruttivo o non più adatto, poco male: l’imbecille troverà un altro bastone con cui ridurre gli effetti imprevisti del precedente e che ne renda obsolete le problematiche.

Tesi 2: L’isteresi è un processo di capitalizzazione. Come tale può essere tassato e redistribuito, dando luogo a un Webfare che ci riconosca il lavoro continuo e quotidiano che facciamo e che non riconosciamo come tale. Non lo riconosciamo, sebbene talvolta ci sfinisca, perché non somiglia ai soliti lavori che popolano il nostro immaginario, sebbene cominciamo a farlo da appena svegli e smettiamo prima di andare a dormire (nel mezzo, ogni tanto, sospendiamo per fare il lavoro-quello-vero): mandare una email, guardare le storie di Instagram, scegliere una serie in streaming, caricare post (come questo) sulla nostra piattaforma preferita, eccetera.

Di solito lo chiamiamo consumo o intrattenimento; è una pratica che viene sovente descritta come fenomeno di decadimento culturale perché abbrutisce e instupidisce. Mentre però prima il consumo – nonché ciò che lo motivava: le strategie, i gusti, le tendenze, le abitudini e persino i comportamenti che non eravamo in grado di attribuire a noi stessi mentre li attuavamo – non lasciava alcuna traccia, oggi tutto ciò è registrato, analizzato e venduto dalle piattaforme informatiche. La cosa migliore da fare, pertanto, è tassare queste piattaforme e ridistribuire la ricchezza, cioè vedere riconosciuto il lavoro che facciamo per loro mentre crediamo di fare qualcosa per noi.

Il pregio di questo libro è che propone una teoria politico-economica a partire da una constatazione estetica. Non assume un atteggiamento moralizzatore e nichilista, rimproverandoci quanto infime siano le nostre pratiche e puntando il dito sull’inesorabile decadenza dell’Occidente o sulla distorsione della natura umana. Al contrario: a partire dalla constatazione che da migliaia di anni ci esternalizziamo, incasinandoci la vita con questo o quell’aggeggio, Ferraris produce una “filosofia del mondo nuovo” che è conforme alla nostra natura di imbecilli che provano, tra salti e cadute, a esserlo un po’ meno.

 

Links:

Prefazione del libro in open source

Intervista YouTube

Hysteresis by M. Ferraris on Critical Hermeneutics